In cammino verso il bicentenario … la spiritualità sostiene le opere
Una riflessione sulla Strenna 2014: “Attingiamo all’esperienza spirituale di Don Bosco, per camminare nella santità secondo la nostra specifica vocazione”.
«I santi non fanno storia». Come ci appare povera, arida e scarna questa affermazione di Alberto Moravia, se la confrontiamo con l’accoglienza calorosa e amica che tantissime persone hanno riservato all’urna di don Bosco nel suo pellegrinante girovagare per tutto il mondo e, in queste ultime settimane in tutte le diocesi del Piemonte! Con una punta di legittimo e santo orgoglio, noi affermiamo il contrario: i santi scrivono pagine stupende e belle di storia. Come hanno fatto tanti santi e sante del nostro Piemonte e continuano ancora oggi a farlo.
Ci stiamo avvicinando sempre più al 2015, la data del bicentenario di nascita del nostro Fondatore e Padre. Non celebriamo solo una data storica. Sarebbe troppo poco; don Bosco merita ben di più. Vogliamo rivivere con lui il suo progetto e il suo carisma, perché comprendiamo che una figura gigantesca come la sua non può essere circoscritta ad una semplice, anche se doverosa, commemorazione.
Ci avviciniamo a lui, ricchi di un percorso spirituale in parte già vissuto in questi due anni di preparazione e sensibilizzazione attraverso lo studio storico della sua persona e del suo metodo educativo. Ora, in questo terzo anno, siamo invitati ad avvicinarci al suo mondo spirituale, al suo rapporto con Dio, alla sua familiarità con il Signore; in una parola, alle sorgenti della sua santità. E ci domandiamo: qual è il segreto di quest’uomo di Dio, di questo prete, educatore, fondatore di famiglie religiose, promotore di un nuovo cammino di santità giovanile? La risposta la troviamo in una frase che il papa Pio XI pronunciò nei giorni che si seguirono la solenne canonizzazione: «Dove ha attinto don Bosco questo amore per le anime? È chiaro: egli le ha tanto amate, perché ha amato Gesù Cristo». Ecco perché don Bosco è stato riconosciuto santo: perché ha creduto nell’amore di Dio rivelato in Gesù, lo ha vissuto radicalmente e ha saputo trasmetterlo ai suoi destinatari. Pur senza possedere un “diario spirituale” scritto dal nostro santo, siamo in grado di entrare nel suo mondo intimo e spirituale, nella sua risposta di fedeltà e di amore, nei sentieri della sua spiritualità.
I santi hanno guardato Cristo e la loro umanità ne è stata completamente assimilata; in compenso, il Cristo cui essi hanno consegnato la loro vita li ha pienamente rivelati a se stessi. Da “uomini del desiderio” si sono trasformati in “uomini di Dio”. Hanno scolpito nella loro vita la passione del Signore.
Hanno fissato il loro cuore in Dio e per Lui sono vissuti. Uomini e donne di tutti i tempi. Anche del nostro, con le stesse sfide, ansie e paure. Per noi della Famiglia Salesiana, don Bosco è un dono del Signore alla Chiesa, ai giovani del mondo intero. Alla sua scuola, l’impegno e la fedeltà ci guidano e ci aiutano ad addentrarci sempre più nella sua “famigliarità” con Dio.
L’impostazione della sua vita cristiana, Giovannino Bosco l’ha ricevuta da Mamma Margherita, impareggiabile catechista e sapiente educatrice. Fin da piccolo è stato educato al senso di Dio, alla presenza del Signore: il tutto condensato in quel meraviglioso tweet del «Dio ti vede». Un Dio che non è mai guardiano freddo e inesorabile, ma un Dio che è sempre un buon papà, dallo sguardo ognora vigile e provvidente.
L’amore a Dio, in casa Bosco, si manifesta e si vive nella concretezza dell’amore agli altri, ai più bisognosi, ai disperati. Divenuto prete, don Bosco sarà il cantore appassionato dell’infinito amore di Dio incontrato nella gioia del sacramento del perdono e irrobustito nella comunione eucaristica e nella devozione filiale alla Madonna Immacolata e Ausiliatrice. «Vi voglio felici nel tempo e nell’eternità»: per questo non avrà paura di additare ai suoi ragazzi un cammino semplice e, al tempo stesso, esigente di santità giovanile. Invoglierà i suoi migliori ragazzi a diventare “salvatori di altri giovani”, senza paura e senza remore, dicendo loro: «Il rispetto umano è un mostro di cartapesta che non morde». Arriverà a pronunciare una frase azzardata, quasi “laica”, ma che sulla sua bocca aveva il sapore di un pressante invito evangelico fatto di umile concretezza e di santa audacia: «Al mondo malizioso non possiamo opporre solo dei “Pater noster”. Ci vogliono opere!». Era la spiritualità del quotidiano, senza fronzoli né ricercatezze sentimentali; uno stile affettuoso e impegnativo di rapportarsi con Dio, facendo «ogni cosa bene e con amore».
Il nostro gruppo di Salesiani Cooperatori ha la fortuna di svilupparsi in un luogo che è stato testimone dell’azione salesiana. È una grazia che molti ci invidiano, ma che non può lasciarci indifferenti. Diventa per noi un impegno di vita il progetto con cui nel 1884 don Bosco definisce la fisionomia essenziale del cooperatore: «Il loro vero scopo non è quello di coadiuvare i salesiani, ma di prestare aiuto alla Chiesa, ai vescovi, ai parroci».
In una parola, siamo invitati ad essere veri salesiani nel mondo!
Don Giancarlo Isoardi